Se cadi ... ti devi impegnare e ...rialzare



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Se cadi ... ti devi impegnare e ...rialzare

“Still we rise”, ci rialziamo ancora. Sono le prime tre parole che Lewis Hamilton ha pronunciato via radio, dopo aver tagliato il traguardo ad Austin e aver vinto il suo sesto Mondiale.

Che poi sono le stesse tre parole “Still I Rise” che lo accompagnano da anni sul casco – e ancor più indelebili sono tatuate sulla parte alta della sua schiena, sopra una croce cristiana molto simile a quella usata dal compianto Tupac Shakur – uno dei rapper statunitensi preferiti del britannico, tragicamente  morto nel 1996 a soli 25 anni in un agguato a Las Vegas, dopo aver assistito a un incontro di pugilato di Mike Tyson.

Il suo album Me against the world è stato e resterà una delle pietre miliari della cultura West Coast hip hop.

“Still I Rise” è un messaggio, uno stile di vita, una fonte di ispirazione per lui e per gli altri: queste tre semplici, profonde parole sono diventate un fil rouge nella vita di Lewis Hamilton. E lui non ne ha mai fatto segreto. Come profonda fonte di inspirazione per il britannico è stato il fratello Nicolas, che impersona perfettamente, secondo Lewis, il motto mi rialzo ancora.

Affetto da paralisi cerebrale dovuta a una nascita prematura, dopo anni di rieducazione Nicolas Hamilton ha abbandonato la sedia a rotelle ed è diventato a sua volta pilota: “Nicolas non si è mai arreso alle difficoltà e non ha mai abbandonato i suoi sogni – ha ricordato spesso Lewis – riuscendo a fare cose che gli altri consideravano impensabili. Si è sempre rialzato lottando. Anche a me dicevano che sarebbe stato difficile arrivare in Formula Uno, ma ce l’ho fatta. Ci ho creduto, insieme alla mia famiglia, perché sentivo di avere qualcosa di speciale mentre guidavo. Ogni volta che sono caduto e c’era una difficoltà: still I rise”.

Papà Anthony ci ha creduto con lui, ha intravisto il talento e ha spinto i sogni di un bambino. Ma soprattutto la passione. Quella stessa passione che, come ci ha raccontato ad Austin dopo aver visto Lewis vincere il suo sesto Mondiale, rivede ancora adesso negli occhi di suo figlio e che con tutta probabilità rimane uno dei suoi segreti:

“Forse per la maggior parte delle persone è impossibile farlo, ma se guardo Lewis adesso riesco a vedere ancora il bambino che da piccolo ho messo su un kart. Perché alla fine lui è ancora quel ragazzino, anche se ha tanta esperienza e gare alle spalle. È ancora così veloce e determinato perché alla fine non è  mai cresciuto – e qui ad Anthony Hamilton è scappata una risata – si diverte ancora molto a fare quello che fa e credo che questa sia la chiave di tutto quello che è riuscito a costruire. Sta ancora gareggiando con il sacro fuoco che aveva da bambino. E credetemi, continuerà finché avrà tutta questa passione”. Alla passione e al talento, in 13 stagioni di Formula Uno, si sono unite soprattutto dedizione e impegno, senza i quali Lewis Hamilton non sarebbe certo diventato il campione che è ora. Anzi, più le stagioni passavano e le sfide aumentavano, più il britannico si è dedicato anima e corpo a migliorare senza trascurare nessun dettaglio, su se stesso e con la squadra.

E in Mercedes ha trovato sicuramente un ambiente che gli ha permesso anche di fare questo salto di qualità, come ha confermato Toto Wolff: “Dal primo mondiale all’ultimo abbiamo potuto vedere la sua trasformazione. È una persona completamente diversa: molto più maturo, un compagno di squadra perfetto. Non è solo merito mio o di Niki (Lauda) se è maturato così tanto.

È un qualcosa che dipende da tutto il team, da quelle tante persone che lavorano nell’ombra e non sono sotto i riflettori e che lo hanno aiutato a diventare il pilota che è adesso”.

È una crescita, quella di Lewis Hamilton, che non si è mai fermata, portandolo  a frantumare già alcuni record, ma soprattutto sempre più vicino ai numeri incredibili di Michael Schumacher. 88 pole position contro le 68 del tedesco, record infranto e superato a Monza già nel 2017. Ormai vicinissimo, invece, quello delle vittorie: 84 per Hamilton, 91 per Schumacher (numeri aggiornati al Gran premio di Abu Dhabi del 2019). E adesso i Mondiali sono 6 contro i 7 del grande Michael.

Un traguardo incredibile, quello dei titoli, che il britannico potrebbe avere già modo di eguagliare nel 2020, ma con il quale non riesce ancora  veramente a confrontarsi, come ha ammesso ad Austin: “Non è certo la possibilità di raggiungere Michael che mi fa correre: mi diverto, e questo conta davvero, e non sono neanche il tipo di persona che pensa a cosa accadrà tra un anno. Credo di avere la capacità di continuare a crescere e di fare sempre di più con la mia squadra, quindi questo è l’obiettivo vero, poi il tempo lo dirà. In questo momento mi concentro solo sul cercare di essere il più in forma possibile, sorridere il più possibile e godermi questo bellissimo viaggio”.