A volte, in psicoterapia, lo specialista si trova a dover fare domande scomode, che talora possono sembrare provocatorie o insinuanti. Ma è necessario che la persona - anche a prescindere dal fatto di essere in psicoterapia - se le faccia, così da avere una visione completa del problema.
La domanda è questa: vuoi veramente ciò che non riesci ad ottenere? Può darsi infatti che, a livello inconscio, mettiamo in atto la ricerca di conferme negative (e l’amplificazione emotiva che ne deriva) per evitare di metterci in gioco e di prenderci la responsabilità della riuscita.
Certo è un’ipotesi scomoda perché, in realtà, noi magari abbiamo fatto di tutto per riuscire, e una domanda del genere può irritare, ma non dobbiamo farne una questione di orgoglio: teniamo presente che la psiche non è sempre univoca e che le nostre motivazioni possono essere sfaccettate e contenere aspetti anche opposti, di cui uno uffi ciale ed uno che “lavora sotto”, di nascosto, e che finisce per interferire con diverse situazioni.
In questi casi non dobbiamo sentirci sbagliati o in colpa: scoprire di avere un lato di sé “che rema contro” permette di rielaborare un atteggiamento più lineare e costruttivo.